Da dove veniamo
Una lunga storia di crescita per il bene comune: dal 1979, Crescere Insieme è protagonista del welfare della Città di Torino con interventi che uniscono tradizione e innovazione.
Il mondo che sogniamo
Una comunità solidale e partecipata, nutriente e aperta alle sfide, che valorizzi le diversità e sia capace di inclusione. Una comunità in cui nessuno resti indietro.
Le cose che facciamo
Insieme a famiglie, istituzioni e imprese, realizziamo progetti educativi, di accoglienza e di accompagnamento all’autonomia per promuovere percorsi di cittadinanza attiva.
Tutto comincia a marzo, con la primavera.
Crescere Insieme viene ufficialmente costituita nel 1979, un giorno di marzo, a Torino.
Le radici della sua storia, però, affondano più indietro nel tempo: già nel 1965 i futuri fondatori agivano mossi dal desiderio di garantire un futuro a ragazzi rimasti senza famiglia.
L’impegno sociale e culturale della cooperativa è rimasto sempre saldamente dedicato a progetti educativi rivolti a bambini, adolescenti e giovani.
Il forte radicamento territoriale degli interventi e l’attenzione ai bisogni delle comunità locali hanno portato, nel corso del tempo, all’apertura di nuovi servizi rivolti ad anziani, diversamente abili, migranti.
Insieme, prima di tutto.
Il nostro nome, Crescere Insieme, rappresenta sia l’origine, sia lo scopo del nostro agire. È l’origine, perché è così che i nostri fondatori hanno voluto che crescesse il primo gruppo di fratelli di cui si sono presi cura: insieme. Non separati in orfanotrofi, a seconda della loro età. E neppure adottati da famiglie differenti. Insieme, invece, per preservare un’unità familiare già danneggiata da qualcosa che è andato storto.
Allo stesso tempo, il nome che portiamo è lo scopo dei nostri passi e ne racchiude il senso. La nostra idea di organizzazione e ogni singolo progetto realizzato scaturiscono dalla tessitura di una pluralità di legami e relazioni. Perché non esiste crescita reale senza condivisione. Non c’è vero sviluppo, se non coinvolge una comunità.
Tutte le tappe della nostra storia
Affidamento e patatine fritte
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Cominciano negli anni '60 le esperienze delle prime famiglie affidatarie, quando ancora l’affido non si sa neppure che cosa sia. Queste famiglie, animate da Giuseppe ed Evelina, Renzo e Nuccia, Ercole e Clemì, ospitano nelle proprie case numerosi bambini, i cui genitori, spesso immigrati appena giunti nella città della Fiat, non sono in grado, per varie ragioni, di seguire i propri figli.
Accanto all’attività di accoglienza, si sviluppano iniziative di animazione del territorio, con una sorta di colonia domenicale. Tutte le domeniche, in una grande stanza ottenuta in uso in Viale dei Mughetti 13, decine di bimbi trovano opportunità di nutrimento, relazionale e fisico, attraverso la partecipazione a giochi e a un pranzo a base di pollo e patatine fritte, a cura delle famiglie dei volontari.
Sono anni duri e divertenti, in cui le attività vengono sostenute con l’autotassazione e parte del lavoro consiste nell’allargare la cerchia delle persone disposte a contribuire all’Associazione, con del tempo e un po’ di denaro. Le iniziative sono seguite con attenzione sempre maggiore anche dalla Pubblica Amministrazione, che ne riconosce l’importanza.
Parallelamente, le esigenze di bimbi e famiglie si fanno più pressanti, richiedendo l’ideazione di un progetto nuovo, in grado di garantire accoglienza e sostegno a interi gruppi di fratelli. Occorre trovare un’idea, costruire qualcosa che preservi in questi bambini la fiducia nei legami e nell’unità della famiglia, in alternativa agli Istituti nei quali fratelli e sorelle vengono separati gli uni dagli altri.
È così che nasce il Centro Base.
Intanto, per poter continuare l’attività, il gruppo che anima l’Associazione si vede costretto a utilizzare l’Ente Stillio, IPAB fondata negli anni ‘20 per aiutare i “giovani pericolanti”.
Non autorizzati: in tribunale
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Tanta attività, infine, va incontro a problemi legali. In un’epoca in cui i servizi sono praticamente assenti e ben poco è normato, i rappresentanti dell’Associazione Amici dei Bimbi vengono denunciati con l’accusa di esercitare la loro attività in modo abusivo, in quanto sprovvisti delle necessarie autorizzazioni.
Alla denuncia segue il processo. Il dibattimento ha una buona eco. L’aula del tribunale è piena di pubblico e sui giornali viene raccontata la strana storia di un gruppo di cittadini che, per aver aiutato dei bambini, si trova costretto a difendersi in Tribunale. Il più imbarazzato di tutti è il Giudice a cui è affidato il processo, poiché, se da un lato deve applicare la legge, dall’altro riconosce l’assurdità del proprio compito che lo porta a perseguire dei cittadini a cui «bisognerebbe fare un monumento».
Arriva la condanna, la più mite possibile: una multa. Ma Giuseppe Ferrero, principale imputato in qualità di Presidente, si rifiuta di pagarla. Il clamore e il dibattito per quanto accaduto, però, non si placano, contribuendo ad accelerare un intervento più significativo dell’amministrazione pubblica in difesa dei minori.
Comunità, cooperativa, impresa: mutamenti in corso
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A metà degli anni ‘80, le comunità familiari volgono al termine. Il disagio che aveva reso necessario un intervento orientato alla salvaguardia di gruppi di fratelli non è più così diffuso; le richieste riguardano sempre più spesso l’accoglienza di singoli o, al massimo, di coppie di fratelli.
Anche la città è molto diversa. La presenza territoriale dei servizi sociali è ormai affermata. Il Comune di Torino ha costruito una struttura forte e appositamente dedicata alle fasce in difficoltà. Sono finite le esperienze di mutualismo che hanno caratterizzato gli anni della grande fabbrica, con pacchi scuola e colonie. Il movimento operaio è stato sconfitto all’inizio degli anni ‘80. La disoccupazione - sconosciuta negli anni del boom economico - è diventata normalità.
Fioriscono le scuole per educatori, e le persone, più preparate dal punto di vista teorico, diventano meno disponibili ad accettare di lavorare immergendosi completamente nella vita di una comunità. Nascono così le prime comunità con “educatori turnanti”.
Nel 1985 Crescere Insieme ne gestisce due: la comunità di Via Madama Cristina e la comunità di Via Chiesa della Salute. Entrambe accolgono adolescenti - al massimo 6 - e 4 educatori si occupano della gestione del servizio. Si tratta di comunità differenti dalle strutture attuali. Le ore di presenza non si contano, i ragazzi sono tutti italiani e molto rare le diagnosi “borderline” che caratterizzano invece l’intervento di oggi.
La vita della cooperativa sembra sempre appesa ad un filo. La quota sociale ammonta a 5.000 lire e il Presidente, Ercole Premoli, garantisce personalmente per ottenere in banca il credito necessario a gestire i servizi e a pagare gli educatori. I lavoratori di Crescere sono 10: 8 educatori, un coordinatore/tuttofare e una contabile. I volontari hanno ancora un ruolo decisivo nella vita della nostra organizzazione. Il Consiglio d’Amministrazione è composto prevalentemente dai fondatori dell’Associazione Amici dei Bimbi.
Presente e futuro
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Sul finire del millennio parte il lavoro con il Cottolengo che permette a Crescere Insieme non solo di partecipare di un carisma dedicato all’assistenza di persone diversamente abili in una realtà che ha fatto la storia del nostro paese, ma anche di acquistare la struttura di Borgo Revel in cui hanno sede la Comunità Mafalda (in continuità con il Centro Odissea Crescere di Chivasso) e il micronido ABCiliegia.
È in questi anni che si sperimentano nuovi modi di fare l’assistenza domiciliare e nasce così il progetto di domiciliare di condominio nelle case del quartiere popolare di Via Arquata.
Nel 2001 nasce il Consorzio Kairòs e l’impegno nella rete Cgm si rafforza. La cooperativa continua a crescere e ad allargare la propria rete, s’interroga sempre più sulle questioni sociali emergenti e inizia a fare investimenti per partecipare nel suo piccolo alle politiche di housing della città.
Nella primavera del 2011, a seguito dell'emergenza Nordafrica, si apre un nuovo settore di intervento dedicato all'accoglienza e ai servizi di integrazione a favore di persone migranti.
Locali occupati alle Vallette
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È il giugno del 1970 quando viene inaugurato il Centro Base delle Vallette. Alla festa ci sono tutti: il Sindaco Porcellana, il Prefetto, il Questore. Il più sorpreso è il padrone di casa, l’avvocato De Zani. De Zani, presidente dell’Istituto Case Popolari, aveva concesso all’Associazione il permesso di utilizzare la sala di Viale dei Mughetti, nell’ex bar di Italia ‘61, finché non fossero iniziati i lavori di ristrutturazione dell’edificio progettati dall’Istituto.
Ma il giorno dell’inaugurazione De Zani si trova di fronte un grande alloggio con 10 posti letto, la planimetria stravolta, il vano ascensore sparito: una delle prime strutture residenziali per minori in Italia era stata ottenuta da un’occupazione abusiva di locali pubblici. La sala, infatti, occupava solo una parte dello spazio: dietro al muro divisorio del bar c’erano altri locali. Renzo Trinello aveva chiamato un paio di operai della ditta edile che dirigeva, aveva fatto abbattere il muro e...
De Zani non si perde d’animo e spiega ai responsabili che, se l’Istituto deliberasse di avviare i lavori, sarebbe necessario lo sgombero. Si impegna tuttavia a trovare un’altra sistemazione ai bambini e alle loro assistenti volontarie.
Il Centro Base, per fortuna, ha molti amici: la Fiat regala i lettini e altri arredi e il Direttore dell’ATM, dove lavorano Ferrero e Marletti, contribuisce alla causa con donazioni generose.
Il 1° agosto ‘70 è accolto il primo bimbo. In breve i bambini residenti sono 10 - che si aggiungono a coloro che usano il servizio come moderno Centro Diurno - seguiti, oltre che dai volontari, da due assistenti che vivono con loro 24 ore su 24. Il Centro Base rimarrà aperto sino al 1975.
Crescere insieme: un nome, un programma. Rivoluzionario
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La prima comunità familiare nasce in seguito a una tragedia: un uxoricidio che lascia orfani 5 bambini. Come garantire a questi fratelli di poter crescere insieme senza essere separati e ricoverati in un orfanotrofio?
L’Associazione trova un alloggio, sceglie due ragazze disposte a vivere con i bambini e a fare loro da mamme-educatrici, garantendo così l’unità familiare; la possibilità di crescere insieme, appunto, tenendo uniti i fili di una storia.
In breve tempo, le comunità familiari sono 5, ognuna con 5 fratelli. 25 vite spezzate, alle quali viene data una nuova possibilità. 25 persone che - come disse una volta Renzo Trinello - «oggi sono tutte all’onor del mondo».
La prima comunità familiare è un segno di rottura, di discontinuità nella prassi regolare di intervento. Si crea una soluzione inedita, a misura della situazione, scegliendo di andare oltre l’accogliere e il prendersi cura, per assumersi anche una responsabilità nel preservare la storia dei più sfortunati. È una rottura nel nome di un gruppo di bimbi, orientata dalla convinzione che per quei bimbi c’è un futuro possibile, insieme. È una rottura feconda che condiziona, da allora in avanti, il modo di tutelare i più deboli. È una rottura generativa, perché, anche grazie ad essa, noi esistiamo come organizzazione sociale.
Sul finire degli anni ‘70, infatti, inizia un dibattito sull’utilità delle IPAB che rischia di condurre alla chiusura delle comunità.
Il Sindaco di Torino, Novelli, suggerisce così a Renzo Trinello di incardinare i progetti dell’Ente Stillio in una cooperativa sociale. Per questo viene rilevata un’organizzazione già esistente e mai avviata, nata per la gestione di asili per bimbi; si chiama CEDI.
Il primo atto è una nuova denominazione: è così che nasce la cooperativa sociale Crescere Insieme.
La crescita dell'impresa sociale
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L’inizio degli anni ‘90 è tumultuoso: nascono l’assistenza domiciliare, l’educativa di territorio e di strada, si fondono le comunità di Piazza Chiesa e Via Madama, si apre la comunità per bimbi a Chivasso, si inizia il lavoro nel campo delle malattie terminali.
Fabrizio Ghisio, all’epoca presidente, lavora alla costruzione di reti cooperative tentando due avventure consortili e costruisce un rapporto solido con la nostra associazione di rappresentanza, ConfCooperative. La cooperativa cresce e dibatte sul tema dell’impresa sociale. Il gruppo dei fondatori sente sempre più la distanza tra gli esordi e la nuova situazione, ma nonostante questo non si consuma una rottura.
Nel 1994 cambia la guida della cooperativa: si insediano Mauro Maurino e Ivana Albano. L’inizio è abbastanza disastroso: perse due delle quattro gare d’appalto a cui sono per la prima volta soggetti i servizi storici della cooperativa. Dopo questa sconfitta, Crescere Insieme decide di proporsi anche al privato, oltre che agli Enti Pubblici. È una scelta vincente, resa possibile anche dai soci fondatori che costruiscono le premesse e gli incontri che caratterizzano il lavoro della cooperativa negli anni 2000: l’Associazione Giobbe e la Piccola Casa della Divina Provvidenza.
Innovazione, digitale e co-progettazione
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Il lavoro di accoglienza si intensifica e assorbe molte delle energie della cooperativa, mentre prosegue, non senza momenti avventurosi, il lavoro delle comunità educative Crescere Insieme e Mafalda, alle quali si aggiunge la Casa Famiglia Mondolfiera.
Il servizio di assistenza domiciliare continua il suo percorso, nonostante il cambiamento delle politiche in materia di assistenza agli anziani.
Nel 2012 approda nel settore della cooperazione sociale la crisi economica iniziata nel 2008. Gli enti con cui normalmente lavoravamo si vedono ridurre le risorse, mentre aumenta la fascia della povertà che non riguarda più soltanto chi non ha un lavoro, ma lambisce anche chi un lavoro ce l’ha.
Il sistema dei consorzi su cui avevamo investito sin dall’inizio degli anni ’90 entra in crisi in tutta Italia. Torino non fa eccezione: il Consorzio Kairòs paga il prezzo della diminuzione delle risorse e si ridimensiona, cedendo il proprio settore Politiche Attive del Lavoro e diminuendo la propria capacità di azione.
Crescere Insieme nel frattempo è cresciuta. I lavoratori sono oltre 250 e non è facile tenere insieme i settori d’intervento. Dunque nel 2018 arriviamo alla decisione di cedere a una nuova cooperativa fondata da alcuni soci le attività di assistenza tutelare e di sostegno ad adulti con malattie terminali realizzate con gli Enti Religiosi.
Alla guida di Crescere Insieme arriva un nuovo tandem - Karim Barraz, Presidente, e Barbara Pilan, Vice Presidente - che trova una cooperativa tornata alle piccole dimensioni della fine degli anni ’90.
La rivoluzione digitale incombe e dal 2017 comincia un percorso interno di studio e ricerca per cercare di dare risposte sociali nuove in un contesto che cambia sempre più velocemente: rapporti con le Pubbliche Amministrazioni, con il sistema delle Fondazioni, con le imprese profit. Le nuove parole d’ordine sono innovazione, digitale e co-progettazione.
Nuove idee si fanno strada e danno il la a modi inediti di stare vicini alle famiglie: nascono i progetti Edugamers for Kids 4.0 e DediCare.
Poi arriva la pandemia, ma di questo racconteremo tra qualche tempo.